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Quello che vi sto per raccontare è una cosa che mi è accaduta la scorsa estate, un’idea nata inizialmente per gioco ma che si è rivelata, con il passare del tempo, molto intrigante. Per prima cosa è bene che io mi presenti, il mio nome è Francesca, sono una donna sposata di circa quarant’anni, fisicamente ancora molto bella e in continua ricerca di emozioni forti. Fino a qualche tempo fa le mie giornate erano diventate noiose, mia marito era sempre impegnato al lavoro ed io iniziavo a sentirmi trascurata sotto tutti i punti di vista. Scoprii che le stesse cose che stavo vivendo io, le sentivo raccontate anche dalle mie due più care amiche, oramai anche loro erano parte di una routine che non le soddisfaceva più; fu così che, quasi per scherzo, decidemmo di regalarci una piccola vacanza da trascorrere insieme, proprio come ai vecchi tempi – solo noi tre, libere e senza regole. Il tema nelle nostre menti era chiaro, ci saremmo trasformate in tre milf alla conquista di Roma.
Della casa mi occupai io, scelsi una bella villa che stava appena fuori città, piuttosto isolata e con una grande piscina esterna. Già per la prima serata a Trastevere avevamo optato per un look decisamente spinto – tacchi alti, gonne corte, calze molto sexy e scollature vertiginose. In mezzo a tutti quei ragazzi eravamo perfettamente a nostro agio, il caldo sulla nostra pelle non era niente rispetto al fuoco che avevamo dentro, eppure la cosa più eccitante erano avere tutti quegli occhi addosso, un sensazione stupenda che non provavamo da tanto tempo.
La nostra voglia cresceva di minuto in minuto, non stavamo più nella pelle e se per molti apparivamo come delle ingenue prede pronte ad essere braccate, la verità era un’altra: quella notte le cacciatrici eravamo noi e in quel momento avevamo un obiettivo chiaro in testa, regalare ad uno solo di loro qualcosa che non avrebbe mai più dimenticato per tutta la sua vita. Il fortunato era un ragazzo sui venticinque anni, probabilmente uno studente universitario, piuttosto carino e molto timido; non credeva ai suoi occhi quando gli facemmo capire cosa avevamo in mente.
Dopo poco gli chiedemmo di riaccompagnarci verso casa – fu solo l’inzio. A farlo impazzire mentre guidava ci pensai io, una volta a casa, ricevette il resto da ognuna di noi. Si chiamava Giuseppe, a parte quello non riuscì a dire nient’altro.